WORLD PASTA DAY: I GRANDI CHEF DI ROMA RACCONTANO IL SIMBOLO DELLA CUCINA MADE IN ITALY

Tra innovazione e tradizione, la pasta protagonista da sempre delle ricette italiane

Oggi si festeggia in tutto il mondo il World Pasta Day. Niente di meglio che una chiacchierata con i grandi chef della Capitale per celebrare l'alimento più iconico della cucina made in Italy.

Una grande emozione accompagna il racconto sulla pasta di Marcello Romano, Executive Chef del Salone Eva dell’Hotel Hassler, iconico indirizzo vocato all’ospitalità d’eccellenza situato sulla Scalinata di Trinità dei Monti. “Pensare alla pasta mi fa sempre tornare alla mente quando ero bambino. Ancora oggi risento vivido il profumo delle domeniche che solo mamma Teresa ha saputo regalarmi”. Ed è proprio da questo ricordo che crea i suoi menu in cui la pasta rappresenta il piatto di forza, che riunisce i commensali intorno alla tavola stimolando la convivialità. Elemento cardine del menu di Salone Eva, la pasta è un ingrediente poco costoso e ricco di energia che si presta a essere la tavolozza ideale, stagione dopo stagione, per la creazione di tutta la linea di cucina. Per me la pasta è un piatto di forza. Ho tantissimi ricordi legati a questo alimento ad esempio quando, la domenica, mia mamma si alzava presto per dar vita al piatto che per me è il più gustoso in assoluto: le candele spezzate al ragù napoletano. Una ricetta che arriva dai nonni che mi raccontavano che il vero ragù era quello con lo specchio che sobbolliva lentamente in pentola, quasi come un respiro. Lo specchio era la parte grassa che si formava in superficie durante la cottura, talmente limpida che rifletteva le immagini. Poi c’era la carne scelta con amore e rispetto in quanto elemento ricco del piatto. Il pomodoro, poi, arrivava dalle mani di mio nonno e quindi questo diventava in casa un vero e proprio rito”.

Un amore viscerale, l’imprinting della sua formazione di giovane chef e quell’alimento al quale non può rinunciare per più di due giorni senza provare una sensazione di mancanza: questo è ciò che rappresenta la pasta per Andrea Pasqualucci, chef del Moma Restaurant, 1* stella Michelin.Ho iniziato a lavorare da ragazzo nella cucina di un noto ristorante del litorale romano e sin dal primo giorno ero addetto all’impasto della pasta fresca all’uovo, rigorosamente lavorata a mano. Ravioli, tagliolini, fettuccine, pappardelle, maltagliati, tutto il repertorio. Ecco perché per me la pasta significa tutto, è l’emblema dell’Italia e, con la pizza, un caposaldo assoluto della nostra penisola”. La sua filosofia di cucina ruota intorno all’importanza della filiera certa, etica e sostenibile di prossimità, e dunque su un’attenta selezione dei produttori di pasta che garantiscano l’utilizzo di autentico grano italiano. Per celebrare il World Pasta Day Andrea Pasqualucci propone il suo “Spaghettone fave, ricci e pecorino”.
 
La pasta rappresenta l’Italia, la cucina mediterranea, il buon cibo”. Così Alessandro Borgo, Executive Chef di Giulia Restaurant, l’indirizzo fine dining del Palazzo Piacentini in via Giulia, nel cuore della Roma rinascimentale più autentica. Lui che, nei suoi menu, ha reso la partita dei primi quella di riferimento del percorso degustazione, considera la pasta un ingrediente fondamentale per la vita quotidiana, capace di fornire le giuste energie per affrontare le giornate. “Personalmente consiglio di mangiarne poca ogni giorno, scegliendola però con cura e selezionando le materie prime del condimento. Per fare un buon piatto di pasta, d’altra parte, serve tanta sensibilità”.

Identità nazionale e territoriale ma anche affettività e un pizzico di nostalgia: questi i sentimenti alla base del rapporto che lega la pasta e Massimo Piccolo, chef del Flora Restaurant, il salotto del gusto e dell’accoglienza del Rome Marriott Grand Hotel Flora situato in Via Veneto. “La pasta per me rappresenta innanzitutto un legame indissolubile le mie radici e la mia famiglia, specialmente con mia nonna. Racconta la mia storia personale, ma credo in fondo non solo la mia. L’aneddoto che mi ricordo è stato quando da piccolo, per gioco, ho unito della farina con delle uova, senza sapere che in realtà era il modo di fare pasta, fu mia nonna a dirmelo. E così da un’improvvisazione ho visto compiersi una magia. Nel mio menù la pasta è presente da sempre e sarebbe impossibile il contrario visto che è un pilastro dell’italianità a tavola e della tradizione che in cucina mi impegno a rappresentare. La tradizione suscita sempre la curiosità degli stranieri ospiti dell’hotel anche se negli ultimi anni anche loro apprezzano le varianti più inconsuete che si possono realizzare con questo gustoso alimento”.
 
 Dall’alto delle terrazze in cui ha sede la sua cucina, lo chef Alessandro Marata beneficia di una vista unica, quella offerta dagli spazi di RHINOCEROS Le Restau & RoofBar, il ristorante firmato Manfredi Fine Hotels Collection all’interno della fondazione di Alda Fendi. Qui, con uno sguardo che spazia tra la stratificazione culturale e artistica della Roma Antica, la riflessione sulla pasta secondo Marata non può non partire dalla convivialità e dal senso di condivisione: «Quando penso alle persone insieme, tra amici, immagino la classica scena in cui qualcuno domanda: “Ma che facciamo? Vi va una spaghettata?”». Affetti, socialità e famiglia si legano a doppio filo a questo piatto della tradizione e i rimandi al passato emergono facilmente: «Ricordo nonna, che faceva le fettuccine a mano tutte le domeniche: si poggiava il grande piano di legno dove si lavorava, sul tavolo da pranzo e si condivideva lì il pasto, come se, tutti attorno, mangiassimo dallo stesso piatto». Nel menu del ristorante di cui è resident chef, con la supervisione dello chef Giuseppe Di Iorio, Alessandro Marata riconosce che i primi hanno un ruolo importante, ne presenta ben sei, di cui tre realizzati a base di pasta fresca, con condimenti ricchi e coinvolgenti. Sono diverse le ricette che lo emozionano, dalla cacio e pepe della tradizione alle tante rivisitazioni che lui stesso propone: «La mia CalaMarata è un incontro tra tradizioni diverse, tra terra e mare, da un lato la luciana che incontra l’amatriciana, in un connubio unico e sorprendente. Stesso discorso per il bottone cacio e pepe, che nella mia versione “va al mare”: un mix di sapori e un’esplosione di gusto tra l’acidità del pecorino e un buon pepe, combinati a sapori forti di mare ma smorzati da una crema di patate e una salsa alle alghe, che amalgamano il tutto». 

C’è tradizione, senso di famiglia e tanta italianità nella pasta secondo William Anzidei, chef del ristorante Les Ètoiles, locale dalla vista spettacolare sulla Cupola di San Pietro, all’interno dell’Hotel Atlante Star della famiglia Mencucci. Secondo William, l'essere italiano rende la pasta uno dei piatti più importanti di una cucina. «Quando ero ragazzino, in tavola non poteva mai mancare. È uno dei piatti preferiti di mio padre che, tra tutti i formati, predilige gli spaghetti. Sono cresciuto con la pasta e tutt’oggi è un elemento imprescindibile per me». Tutto questo si è tradotto anche nella passione che lo chef mette nel prepararla, in cucina, infatti, i primi sono le sue partite preferite. Tra le ricette più rappresentative non possono mai mancare: «I primi della tradizione romana, a cui sono particolarmente legato, tra tutti immancabile la carbonara. E poi, tra le migliori, gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, che nella loro assoluta semplicità esaltano la bontà di un piatto che mette d’accordo tutti».
 

Daniele Roppo Executive Chef de Il Marchese Roma e Milano, sulla pasta racconta: “È mia nonna che mi ha insegnato a fare la pasta, ricordo che mi dava sempre un pezzetto di pane da picchiettare nel sugo di coda, di pajata o di amatriciana mentre cucinava. Anche quando faceva i tortellini mi ricordo che ogni tre che ne chiudeva, due li mangiavo crudi!”. Dalle memorie al presente, prosegue: “Oggi sono diventato un cuoco e ho iniziato a confrontarmi con tutti i tipi di materia prima. Sono passato ad apprezzare gusti anche molto intensi e decisi, come la selvaggina. Così sono nate le Fettuccine al ragù di cinghiale, un piatto in cui la pasta fresca mi ricorda proprio quella fatta in casa da mia nonna: grezza, tutta irregolare, ma indimenticabile. Gli stranieri mangiano e apprezzano sempre la pasta! Se dovessi identificare dei piatti sicuramente da noi al Marchese più Carbonara e Amatriciana. Oggi la pasta va bene anche per la dieta: in Italia ho notato che si usa molto anche la pasta di Kamut, integrale, di farro, di grani antichi come la Timilia o grano Marzuolo”.
 
La pasta è uno di quegli alimenti principi delle nostre tavole, siano esse gastronomiche, tradizionali o regionali oltre a essere quel prodotto con cui tutti si cimentano quotidianamente ai fornelli. Lo crede fermamente Mirko Di Mattia, chef di Livello 1, ristorante di pesce in zona Eur.Vorrei che si tornasse alle vecchie origini, a un passato che ti rassicura in termini di qualità e di salute. La pasta è un alimento cardine della dieta mediterranea, universalmente riconosciuta non solo per il gusto ma anche per la salubrità. ll mondo sta cambiando, e con lui le abitudini alimentari. A spasso per il centro mi capita di osservare coloro che vengono dal lato opposto del nostro emisfero e tutti, per lo più, siedono davanti a un piatto di pasta. La pasta unisce, trasmette energie positive al corpo e alla mente e per questo nella mia cucina ha un ruolo chiave: apre tutti i miei menu. Senza pasta non si può stare!” 

La pasta diventa un’occasione per esprimersi e raccontare le proprie passioni nella cucina di Madeleine, dove lo chef Simone Maddaleni affida ai primi piatti l’importante ruolo di farsi mezzo espressivo del suo lavoro: «Per me la pasta rappresenta un modo di comunicare la passione che ho per la cucina e lo faccio proprio attraverso i primi; in questo, l’essere italiano fa la differenza, perché per tradizione credo che la pasta sia alla base del culto della cucina». Diversi i ricordi che legano lo chef a queste preparazioni e che lo rimandano a piatti che oggi caratterizzano la sua proposta: «Un ricordo che terrò per sempre con me mi porta a citare i tortelli, mi si ricollegano alla mia infanzia: sin da quando avevo 10 anni, insieme a mia madre, li preparavo con un ripieno alle tre carni in occasione del Natale e, per ovvi motivi, ricollego questa ricetta a quel momento unico». Che la pasta sia un elemento imprescindibile della cucina e tratto distintivo della cultura italiana, Simone Maddaleni lo sa bene: «Secondo la mia esperienza lavorativa, i clienti la apprezzano sempre, sia italiani che non, ma lo straniero si è spinto oltre: non si ferma più solo alla carbonara o alla classica pasta al pomodoro, ma sperimenta sapori sempre più composti e portate riccamente condite in maniera diversa».
 

Abbraccia la filosofia del ristorante in cui è alla guida lo chef Edoardo Conti, che da Gusta propone una cucina conviviale. Ed è proprio nella convivialità che ritrova la sua idea di pasta: «È un piatto che va a braccetto con le domeniche, che non può mai mancare sulle tavole imbandite, ricche di persone, tra famiglia e amici. Questo è ciò che rappresenta per me». Non è un caso che il ricordo a cui è più legato in merito a questo piatto, lo riconduca alla sua infanzia: «Da piccolo la pasta al forno non poteva mancare. Poi ricordo la mia bisnonna che già dalla mattina prestissimo si adoperava davanti ai suoi vulcani di farina, la stendeva a mano per fare tantissime fettuccine e quadrucci e sono questi i formati che mi sono rimasti nel cuore». Nel suo menu orizzontale, la pasta ha uguale importanza di tutti gli altri piatti: «C’è stata l’intenzione di slegarci da un concetto gerarchico, per abbracciare trasversalmente più preparazioni e conferire ad ognuna la giusta importanza. In carta abbiamo due paste, ma possono benissimo essere assaggiate dopo una portata di pesce o carne, non necessariamente in apertura»

 “La pasta per me rappresenta casa, mia nonna, mia mamma, come pure Roma e l'artigianato italiano: insomma, è un concetto complesso”. Andrea Serena, chef di Aventina Carne&Bottega, sottolinea in occasione del World Pasta Day 2023, come questo ingrediente sia legato ai ricordi e all’affettività del focolare domestico oltre che abbia una connessione con le radici della sua città di origine. “Essendo Romani, trattiamo la pasta da regina anche se nel menù del nostro ristorante si contende il primato con le carni da noi selezionate e che sono al centro del progetto di Aventina Carne&Bottega. Qui, essendo anche bottega delle vere eccellenze italiane, la pasta è anche in vendita tra gli scaffali con marche di grande pregio”. ”
 

Lo chef partenopeo Giovanni Gallo, del ristorante Sapore di Mare Seafood & Lounge,  in un luogo magico come piazza Navona, è riuscito a portare la vera autenticità dei sapori mediterranei. “La pasta per me è amore”, racconta lo chef, “Il mio primo amore in cucina, il piatto che preferisco preparare e quello che racchiude tutti quei ricordi legati alla convivialità, alla schiettezza dei legami familiari e ai momenti più autentici. Nel mio ristorante la propongo in molte versioni ma mi accorgo che anche gli stranieri la chiedono nelle proposte che maggiormente rispecchiano la nostra tradizione. Personalmente amo la pasta secca per la sua porosità, la capacità di prendere dal condimento e allo stesso tempo di donarsi con il suo amido. Non amo un formato in particolare e per questo, per il World Pasta day propongo la Pasta e patate con calamari, cozze e provola: un piatto a base di pasta mista e tradizione napoletana.”
 

Semplice, versatile, goduriosa, capace di aggregare e affascinare con i suoi mille formati e le sue differenti grane: quella tra la pasta e Pasquale Minciguerra, chef del ristorante gourmand Seguire le Botti di Cantina Sant’Andrea di proprietà della famiglia Pandolfo, è una vera storia d’amore, nata in famiglia e proseguita e alimentata nella sua carriera.
Un sentimento, più che un alimento, se volessimo trovare un vocabolo per tradurre il trasporto dello chef nei confronti del “carboidrato” per antonomasia. Un legame nato nella cucina della nonna, famosa per la sua Pasta alla Puttanesca, primo piatto tipico della cucina napoletana, a base dei caratteristici aulive e chiapparielle (olive e capperi), che non piacevano allo chef: «Da piccolo non amavo né le olive, né i capperi, però miscelando tutti gli ingredienti e amalgamandoli al perfetto formato di pasta, il piatto è diventato magico ai miei occhi di bambino ed è tuttora uno dei miei piatti del cuore». Il prodigio della pasta è proprio quello di riuscire ad armonizzare tutti gli ingredienti, così da trovare la sinfonia perfetta che manteca in pentola come una pozione miracolosa, che non unisce solo i sapori, ma anche gli animi dei commensali, così che il pasto sia sempre una festa.
 

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Sabino Cirulli

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