UMA ROMA: UNA SBALORDITIVA CUCINA MONO INGREDIENTE

Nel popolare quartiere della Garbatella

Un ristorante che regala, nella Capitale, un'esperienza unica:  Uma Roma. Protagoniste, le creazioni dei due chef Matteo Taccini e Luigi Senese, entrambi classe '92 con un background di tutto rispetto in  prestigiosi ristoranti non solo della Capitale. 

I pilastri della loro cucina sono la Brace, la Fermentazione e il concetto di ‘Unico’, inteso come singolo ingrediente nel piatto. Un menu che, allo stesso tempo, parla romano e tutte le lingue del mondo. Una romanità quasi ancestrale, fatta di antichi gesti e prodotti puri, che incontra con grande equilibrio la modernità e della Capitale si contamina con il resto del mondo, senza mai distogliere l’attenzione dai grandi prodotti italiani. Tanto vegetale e un’estrema cura intorno al singolo ingrediente: un menu con piatti ideati e realizzati puntando alla ‘sottrazione’, costruiti tramite grandi tecniche ma che alla fine si presentano nella loro ‘grande semplicità’

“La nostra è una cucina visivamente molto semplice, ma il livello tecnico è molto alto, così come lo studio l’approfondimento che mettiamo nella costruzione di ogni portata del menu. Questo perché ci piace poter coniugare il fare artigiano con la modernità… questa è la sfida che vogliamo portare avanti”, raccontano i due chef.

Lo stesso vale per la selezione degli ingredienti da utilizzare in una ricetta: sono sempre semplici, pochissimi, a volte anche solo uno, ma per fare questo utilizziamo tante tecniche diverse per lavorare la materia prima in maniera originale, così da riuscire a dare diverse strutture e consistenze al piatto”, proseguono i due.

La ‘sottrazione’ è il loro mantra. Lo si capisce già dal nome del locale: inizialmente doveva essere composto dalle iniziali dei loro nomi, dunque LUMA (Luigi + Matteo). Poi alla fine hanno voluto snellire anche questo togliendo la lettera L. Il font ricorda l’etrusco, a richiamare quella romanità ancestrale.

Completano la squadra di Uma: in cucina Emanuele Giunta  ed Edoardo De Luca; in sala Jennifer Barba e Thais Torres.

Un menu romano-internazionale. Una carta che cambia spesso. Tanta attenzione alla parte vegetale. Tutta la proposta ruota intorno al concetto di ‘unico’, che qui viene stressato al massimo. Dal latino ‘unicus’, a sua volta derivato da ‘unus’, uno solo. Ed e proprio l’unicità del singolo ingrediente a farla da padrone, che qui da Uma Roma spesso viene utilizzato da solo per la costruzione di un intero piatto. È il caso del Carciofo: una cottura alla brace che lascia il vegetale estremamente tenero, aperto a fiore in maniera scenografica e adagiato sul piatto, sopra un’emulsione cremosa di carciofo e una riduzione, sempre di carciofo ovviamente. Un carciofo in purezza, elevato alla terza, che è in grado di esprimere tutti i gusti e i profumi del vegetale che normalmente non riusciamo a sentire data l’aggiunta di altri ingredienti. 

L’unico ingrediente nel piatto nasce come una sfida, un po’ perche questa filosofia ci rispecchia tanto anche nella vita, un po’ perché vogliamo andare controcorrente rispetto al ‘fumo’ dei troppi ingredienti. Ci divertiamo molto ad eliminare il superfluo, ma non è solo un virtuosismo che prevede tanta tecnica, ma un vero e proprio stile” commentano Matteo e Luigi.

Poi ci sono piatti che esprimono il concetto alla Magritte del ‘sembra ma non è’. Così ritroviamo di fronte ad una “Cacio e Pepe”. Le virgolette nel nome sul menu ci fanno presagire qualcosa. Parliamo di una pasta cacio e pepe senza il cacio, che però viene rievocato dalla presenza del koji, uno dei pilastri della cucina di Uma, cioè il fungo responsabile delle fermentazioni di soia, cereali e patate. Gli chef inseriscono il koji nella ricotta di pecora e la lasciano fermentare per alcuni mesi; nasce così una sorta di ‘miso di ricotta’ che nel gusto e nei profumi ricorda moltissimo il pecorino romano utilizzato nella cacio e pepe. Il bello è che non si entra nel dettaglio durante la presentazione del piatto, ma soltanto alla fine, lasciando così all’ospite il compito divertente di capire cosa ci sia di nuovo. 

Dunque brace e fermentazioni sono i due grandi protagonisti qui da Uma. Nessuna cottura sottovuoto, solo cotture dirette, sul fuoco. Più ancestrale di così. Anche la fermentazione richiama l’origine, una tecnica molto anticha che però oggi si utilizza con grande tecnica e conoscenza; e qui da Uma ha un laboratorio dedicato nella parte sottostante alla sala del ristorante. Moltissime le suggestioni orientali, in primis dal Giappone, ma gli ingredienti sono per la maggior parte italiani, come il miso fatto con la pasta e non con i fagioli di soia.

Un solo ingrediente anche nella carte dei dessert: un pre-dessert di sola pera (miele di pera, granita di pera, kombucha di pera); nella piccola pasticceria, come nella tartelletta di panna bruciata realizzata con sola panna, dentro e fuori; o il dolce di solo cacao (spugna, gelato e gruè). Tra i dolci colpisce anche la “Carbonara” : un piatto che viene completato tutto al tavolo davanti al cliente, con spaghetti di cioccolato 80%, spuma di zabaione , ‘guanciale’ realizzato con la frolla bicolore al cacao, ‘pecorino’ fatto con il macambo  e gruè di cacao a richiamare il pepe.

Interessante la carta con vini solo italiani, anche per le bolle, con un’alternanza di referenze naturali e convenzionali, ma ci sono anche pairing diversi, come con il gin tonic o la kombucha. 

 

0 Commenti

Lascia un commento

Acconsento al Trattamento dei miei dati Personali nel rispetto del reg. 2016/679/UE e dichiaro di avere letto l'informativa sulla Privacy

Sabino Cirulli

Acconsento al Trattamento dei miei dati Personali nel rispetto del reg. 2016/679/UE e dichiaro di avere letto l'informativa sulla Privacy
Accetto di ricevere informazioni in merito a promozioni, news ed eventi relativi a questo sito in conformità al nuovo reg. 2016/679/UE sulla Privacy.