IL CONSORZIO TUTELA VINI VALPOLICELLA HA CELEBRATO I SUOI PRIMI 100 ANNI DI ATTIVITA’
Con la 21^ edizione di Amarone Opera Prima al palazzo della Gran Guardia a Verona con
protagonista l’Amarone 2000 che ha debuttato ufficialmente sul mercato
“I tre vini della Valpolicella riflettono i differenti gusti lungo tutto l’arco di una vita, e questo è probabilmente un unicum tra le denominazioni italiane. L’Amarone (ma anche il Recioto) per i consumatori maturi, il Ripasso per i millennials, il Valpolicella - un vino contemporaneo che non a caso Milo Manara interpretava con una donna - per i giovani”.
Così ieri ad Amarone Opera Prima il presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini, ha celebrato il centenario del primo Consorzio rossista veneto con più di 2400 aziende, 360 imbottigliatori e un vigneto di circa 8600 ettari.
Al convegno di apertura, il focus è però più sul futuro rispetto a un passato che, ricorda ancora Marchesini “ci ha regalato tanti valori intangibili - identitari e di immagine - ma anche benessere per tutta la comunità, se pensiamo che nell’ultimo quarto di secolo il solo valore fondiario dei terreni vitati è cresciuto del 133% a fronte un’estensione dei vigneti del 65%. Se all’asset vigna aggiungiamo quello della cantina, il valore attuale della nostra denominazione arriva a circa 6 miliardi di euro”.
In primo piano il mercato, nell’analisi dell’Osservatorio Uiv (Unione italiana vini). Per il re della Valpolicella il 2024 chiude a -2% sull’anno precedente ma con un recupero del 9% nel secondo semestre. Un rimbalzo significativo, se si considerano le difficoltà di quasi tutte le principali denominazioni rosse del pianeta, ma ancora leggero per uscire dalla complessità del periodo. Secondo l’analisi voluta dal Consorzio, il nuovo secolo della denominazione – e del suo vino di punta – deve concentrarsi su una maggior segmentazione, e cioè spesso preparando tre valigie per altrettante destinazioni di mercato diverse, oppure – e in questo caso sempre - individuando target, posizionamenti e toni differenti con cui dialogare. In particolare, l’Amarone non dovrà snaturare se stesso ma avere ben chiari i propri obiettivi di posizionamento di vino icona, presso un pubblico principalmente composto da consumatori in età matura e un reddito saldamente superiore ai 100 mila dollari (negli Usa i baby-boomers sono il 40% dei wine drinkers, con gli alto-spendenti che salgono al 53%). Un identikit che dalla storica roccaforte nordeuropea (cui è riservato il 50% del mercato estero) deve crescere negli Stati Uniti, dove prevale nella East Coast (da NY alla Florida), ma che vale anche in Giappone o in Cina, dove già l’Amarone vanta una quota molto alta sul totale del proprio export (10%). Un target, infine, più di altri incline ad ascoltare il racconto che sta dietro alla produzione dei vini simbolo e – non un fattore secondario – più propenso a viaggiare e a conoscere un territorio di produzione il cui prezioso alleato dovrà essere Verona e il suo brand universale. “In sintesi - secondo il responsabile dell’Osservatorio Uiv, Carlo Flamini - l’Amarone dovrà proporre al mondo un proprio ‘cocktail’, fatto di aree produttive e diverse vallate, del brand Verona, di stile e coerenza per un metodo atto a divenire esso stesso espressione di territorio”.
Claudio Gasparini
Giornalista, iscritto all'O.d.G. Veneto dal 1988, collaboro anche con altre testate giornalistiche cartacee, on-line e radiofoniche. Coautore del libro "Eccomi... una storia d'amore con Dio" pubblicato nel 2015.
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