LA MOUTYA RICONOSCIUTA PATRIMONIO CULTURALE DELL'UNESCO

La sensuale danza delle Seychelles entra a far parte del patrimonio immateriale culturale dell’Unesco come tesoro da salvaguardare.  Forma di danza creata dagli schiavi africani e portata alle Seychelles nel XVIII secolo, la 'moutya' era tra le numerose candidature di una lista di 48 che il gruppo di valutazione dell'Unesco, composto da esperti, aveva raccomandato al comitato intergovernativo per l'iscrizione nella lista.

La decisione è arrivata la scorsa settimana e l'Unesco ha annunciato la notizia su Twitter e ciò significa che "moutya" è stata riconosciuta come diversi altri tipi di musica, tipo il reggae che è stato iscritto nell'elenco due anni fa. Il governo delle Seychelles aveva presentato per la prima volta la "moutya" all'Unesco nel 2019, che inizialmente la aveva respinta adducendo la mancanza di informazioni.

I lavori per stabilire misure di salvaguardia per la tradizionale danza "moutya" delle Seychelles sono iniziati nel 2015 quando le parti interessate coinvolte nella protezione e nella conservazione del patrimonio nazionale hanno preso parte a una sessione per preparare un dossier di nomina per la sua iscrizione nella lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità dell'Unesco.

Il 30 agosto 2020, alcuni distretti di Mahé, Praslin e La Digue hanno ospitato un'ora di 'moutya', per commemorare il secondo anniversario dell'abrogazione del regolamento che vietava la percussione dei tamburi a Victoria e altre località come Mahé, Praslin e La Digue dopo le 21:00. L'evento, previsto dall'allora Dipartimento della Cultura e dai partner distrettuali, è stato organizzato per commemorare l'abrogazione del regolamento del 30 agosto 2018, quando il dipartimento della cultura ha intrapreso la sua missione per far valorizzare la 'moutya' come un elemento da inserire nella lista del patrimonio culturale immateriale per l'umanità dell'Unesco.

Originariamente eseguita intorno ad un falò, nel buio della foresta nel cuore della notte, la “moutya” era un'espressione di resistenza, che permetteva alle persone schiavizzate di condividere la loro sofferenza e cantare le difficoltà che dovevano affrontare, lontano dai loro padroni. I loro strumenti erano di base tamburi di pelle di capra, noci di cocco, triangoli di metallo, pentole e utensili da cucina e la coreografia era semplice e sensuale.

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Claudio Zeni

Claudio Zeni, laureato in Letterature e Lingue straniere è nel mondo del giornalismo dall’età di 18 anni. Appassionato di sport, enogastronomia e turismo collabora con media locali, nazionali ed internazionali di settore. Tra i principali riconoscimenti giornalistici assegnatigli si ricorda il premio nazionale Gennaro Paone consegnatogli a Roma dal direttore generale dell’Enit, il I.o premio giornalistico nazionale ‘Strada del Vino del Recioto e di Gambellara’, il I.o premio ‘Primavera del prosecco’, 'Amici della Chianina', 'Premio Tarlati', 'Scandiano', 'Sant'Angelo in Vado, 'Apicio', 'La bisaccia del tartufaio', 'Burson'. Per quattro anni ha seguito l’Hong Kong Food Festival e per due ha coordinato la manifestazione nazionale Top of Golf finalizzata alla proclamazione del miglior ristorante della ‘Wine Tour Cup’ dell'Associazione 'Città del Vino'. Coordinatore della giuria e dei cuochi del concorso culinario ‘Tartufo d’oro’ di Gubbio’. Unitamente al Presidente dei Cuochi di Arezzo organizza il concorso 'Penne bruciate', giornalisti ai fornelli dove a vincere è il 'piatto peggiore'. Autore con Leone Cungi del libro ‘Sport e società a Monte San Savino (Un secolo di storia sportiva e tradizioni sul borgo toscano).

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