Soft Discount, quando il risparmio diventa di marca

La spesa alimentare è sicuramente una delle voci di costo più importanti di tutto il bilancio familiare perché, purtroppo, tutti abbiamo il brutto vizio di mangiare. Possibilmente anche bene. Ecco allora che si viene a creare la necessità, tutti ci siamo passati almeno per un periodo della nostra vita, nel quale bisogna cercare di mettere in relazione un portafoglio di denaro non infinito a cibi della migliore qualità al prezzo più conveniente possibile.

A questo proposito, soprattutto negli ultimi vent’anni, si è andato specializzando un settore della grande distribuzione (o GDO) che si pone ad un punto intermedio tra l’assoluta necessità di risparmio (tipica del discount) a volte a discapito della qualità degli alimenti proposti, e le grandi marche della produzione agroalimentare e delle catene di distribuzione che, oltre al costo della materia prima, sovraccaricano il prodotto finale anche degli investimenti legati alla parte marketing (spesso assente, o comunque minima, se pensiamo al mondo dei discount). 

Soft discount, un mondo a metà

Il soft discount, dunque, è un modo di intendere la vendita al dettaglio a metà tra quella che è la filosofia “patinata” delle catene legate al mondo della Grande Distribuzione e quella più “terra terra” tipica dei discount. Entrando in questo genere di negozi possiamo trovare, dunque, sia prodotti agroalimentari di brand molto noti e famosi che merci del tutto anonime. Ma come la mettiamo con la qualità?

Ovviamente non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, per cui al nome famoso corrispondono necessariamente caratteristiche ottime del prodotto, come dietro una confezione (o packaging) del tutto anonima ci sia una merce per forza scadente. Si può dire che mentre la clientela tipica dell’hard discount punta esclusivamente o quasi a contenere il prezzo (un po’ come accadeva in Germania nei difficili anni del secondo dopoguerra, quando nacque questo modello di vendita e dove tuttora è molto diffuso), le persone che scelgono i soft discount sono attente alla qualità del prodotto che acquistano, ma non vogliono pagare più del necessario.

Se volete avere una panoramica generale sulle differenti tipologie di merce che possiamo trovare negli hard discount, soft discount e nei supermercati basta andare su siti (tipo Kimbino.it) il cui scopo è quello di raccogliere in un unico portale tutti gli opuscoli pubblicitari delle principali catene GDO. Nello specifico vi consigliamo di andare a vedere l’anteprima del volantino MD Discount e Lidl, che sono i principali attori nel mondo proprio del soft discount italiano.

Io leggo l’etichetta

Ecco allora che anche le case produttrici si sono organizzate per non rimanere escluse da questa nuova tendenza del mercato e, insieme ai loro prodotti storici, hanno iniziato ad intrufolarsi tanto nel composito mondo del discount proponendo merci create sempre nei loro stabilimenti, ma in forma anonima e quindi più economica. Può capitare, per esempio, di trovarvi davanti allo stesso alimento (stessa fabbrica di produzione, stessa azienda, stessi ingredienti) e di pagarlo in maniera molto differente a seconda che lo compriate nella sua versione di marca o in incognito.

Una truffa? Assolutamente no: nella produzione di questo genere di merci il marchio che compare sull’etichetta spesso rimane di proprietà della catena di discount (il cosiddetto private label) e non dell’azienda che produce. In questa maniera il distributore (ovvero la catena di GDO) può mantenere il controllo tanto sul prodotto quanto sul produttore e, in caso di problemi, può sostituire quest’ultimo senza che venga intaccata l’immagine della merce.

Per concludere, esiste un modo per il consumatore di sapere chi è che effettivamente produce gli articoli del discount? In parte sì: per legge è sempre esposto lo stabilimento di confezionamento di ogni merce (purtroppo una direttiva europea di qualche anno fa ha obbligato a rimuovere l’origine degli ingredienti utilizzati) e in molti casi, facendo una semplice richiesta su internet, è possibile capire quale azienda si cela dietro quel private label

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