PEPPO: IL PESCE POVERO SBARCA A CINECITTA'

Seconda apertura dell'osteria trasteverina

La proposta seduce: pizza e pesce povero. Non tutti si accontentano di branzini, vongole, scampi che ormai hanno omologato i nostri palati. C’è anche chi ha voglia di provare telline, aguglie, sardine, lampughe, saraghi in un mix di sapori spesso dimenticati. E su questo fronte le sorprese arivano dalla periferia della Capitale che gode di una grande libertà nella ristorazione. C’è fermento nei quartieri lontani dal centro. Tra questi è in grande ascesa Cinecittà che pullula di nuove aperture che coniugano in modo sapiente eccellenza dell’offerta con un vantaggioso rapporto qualità / prezzo. Ultimo arrivato Peppo a Cinecittà che dopo Trastevere sbarca nel quadrante Sud – Est di Roma. L’atmosfera è cordiale e briosa, molto familiare e vede all’opera la stessa squadra vincente che ha sancito il successo di Peppo a Cosimato.

In sala, accanto a Salvatore Salmeri troviamo la figura di Simone Roazzi, mentre alla guida della cucina c’è la consulenza di Emiliano Squiglia, il cui percorso inizia con esperienze alberghiere, dallo Sheraton Golf al St. Regis Hotel, prosegue con un lungo periodo accanto allo chef Andrea Fusco al Giuda Ballerino, per approdare infine da Peppo. Davanti al forno a vista troviamo il pizzaiolo Antonio Martino, campano e anche lui con un ricco bagaglio di esperienze accumulate nella sua regione prima, e poi nelle realtà romane, da Cuccurucù a Con.tro Contemporary Bistrot. A far da tramite tra le due realtà gastronomiche troviamo Marco Vellini, che ha mosso i primi passi in questo mondo proprio tra le mura di Peppo e rappresenta il trait d'union fra cucina e pizzeria.


Dopo solo un mese dall’apertura abbiamo riscontrato una grandissima risposta del pubblico, - spiega Roazzi – confermando l’ottimo lavoro di marketing e comunicazione svolto. In particolare siamo riusciti a concretizzare l’aspettativa di questa zona. Lo zoccolo duro di Peppo, me compreso proviene da Cinecittà. In fondo è come se si fosse chiuso un cerchio. Siamo voluti tornare nel quartiere dove siamo cresciuti, riportando tutto quello che di buono abbiamo fatto a Trastevere. L’entusiasmo della gente di cui gran parte è gia fidelizzata si snoda nel solco del trend dell’ultimo periodo. Il pubblico che sceglie di mangiare fuori casa post covid ha molta più voglia di uscire. C’è stato un vero e proprio boom. Sono tanto cresciute le grandi tavolate e questo mi rende felice perché risponde perfettamente al mio concetto di tavola: convivialità e voglia di divertirsi e stare insieme. Noto anche come nell’ultimo periodo sia cresciuta la conoscenza del cliente in merito ai temi enogastronomici. Questo grazie anche a programmi televisivi e social. L’utente finale conosce dettagli e informazioni che prima erano di pertinenza solo degli addetti ai lavori. Pertanto il servizio di sala deve essere sempre più competente. Ora un normale tavolo ti chiede la provenienza della ricciola e a quale blocco FAO appartiene. Impensabile fino a qualche anno addietro”.

Nel menu dunque protagonista il pesce povero come spiega Salmeri: "L’idea di lavorare il pesce azzurro ha una matrice di slow food, pur non essendo quella la nostra filosofia ma semplicemente riteniamo che trattare il pesce locale sia l'unica via percorribile, tanto per un discorso di sostenibilità quanto per i benefici che una materia prima fresca e di stagione, con le sue proprietà organolettiche, offre al cliente".


Quella dello chef Emiliano Squiglia è una linea semplice, con preparazioni essenziali, e dalla forte impronta mediterranea, per un menu che si apre con antipasti come la Parmigiana di Zucchine Romanesche con Pesce Azzurro e Fiordilatte di Agerola, Tartare di Pescato del giorno, per proseguire fra Spaghettoni Burro, Alici di Cetara e Pane tostato al Limone, Raviolini ripieni di Pesce Povero alla Pescatora, e Fettuccine con Pomodorini, Basilico e Pescato. Nei secondi, accanto alle proposte del giorno troviamo la Frittura di Peppo, e il Calamaro ripieno di Caponatina di Verdure in guazzetto di Pomodorini, per chiudere con Bombette fritte ripiene di Crema Pasticcera al Calvados, Tiramisù e Maritozzetto Burro e Marmellata.
 
“Vogliamo valorizzare tutto ciò che appartiene all’universo del pesce locale che viene un po’ bistrattato sia a livello degli chef che del pubblico – sottolinea Roazzi - Si pensa spesso che basti una materia prima molto cara da sola basti a fare la differenza, invece decisiva è la sua manipolazione. Di questo noi siamo molto convinti. Noi riserviamo un ruolo rilevante al food cost e a un prodotto che ci permetta di realizzare la cucina di osteria a un prezzo calmierato. Un elemento molto importante in periferia. Nel nostro menu nulla è specifiicato, sono protagonisti i piatti che danno spazio alla creatività dello chef. Senza dimenticare il rispetto della stagionalità e la sostenibilità ambientale che si traduce anche in sostenibilità economica. Penso alla lampuga che prendiamo a settembre - ottobre quando si ferma davanti alle coste della Puglia durante il processo migratorio. Fondamentale è la nostra velocità nel lavorare il pescato. I pesci li prendiamo sempre interi e mai a tranci, solo così ne comprendiamo la qualità”.

Concorde lo chef Squiglia: “Già il semplice fatto che il pesce non proviene da un allevamento è un plus. Tra il pesce povero abbiamo autentici gioielli quali la lampuga, il pesce castagna, il pesce serra. Io penso che non siamo abituati a mangiarli per un mero fatto culturale. Siamo ormai assuefatti al crudo, allo scampo che magari viene dalla Norvegia o dalla Danimarca, dalle orate provenienti allevamenti della Grecia. Bisogna fare una inversione nell’approccio. Gli spazi ci sono. D’altronde tutto può cambiare. Penso all’evoluzione del gusto degli utenti. Prima piaceva mangiare molto casereccio con porzioni abbondanti. Ora invece si va sul ricercato, è aumentata la curiosità nell’assaggiare pesci nuovi. Per noi è un bene perché la concorrenza aumenta il lvello. Quando ho iniziato io negli anni ’90 lo chef era rintanato nella cucina e non lo conosceva nessuno”.

Ma Peppo è anche pizza. E qui ci si affida alle mani sapienti di Antonio Martino che persegue un'idea da lui definita "ambiziosa ma prudente", servendosi di un impasto realizzato con farina tipo 1 rimacinata a pietra e lasciato riposare 72 ore, tra maturazione e lievitazione. Ingredienti freschi e una linea semplice, con preparazioni essenziali. La lista di tonde, cotte rigorosamente in forno a legna, spazia dalle classiche a speciali come la Sgombro, dove il pesce è accompagnato da Fiordilatte di Agerola, Parmigiano, Cipolla agrodolce, Pomodorini confit gialli e rossi, e Tarallo Napoletano sbriciolato, la Peppo, con Bufala Dop, Pomodorini confit gialli e rossi, Parmigiano e Alici di Cetara, o la Provola e Pepe di Totò, con il bordo ripieno di Ricotta di Bufala, passata di Pomodorino Ciliegino giallo, Parmigiano, Scamorza di Pecora, Fiordilatte di Agerola, scaglie di Provolone Del Monaco e Pepe rosa.


Una attività frenetica quella di Peppo che non si ferma mai, anzi come ci rivela Roazzi: “Nel futuro non escludo che si possa aprire un nuovo punto vendita anche in zona Roma Nord. Ormai siamo gli ambasciatori del pesce povero nella Capitale, quindi dobbiamo divulgare il verbo”.

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Sabino Cirulli

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