A FIRENZE UN PEZZO DI BASILICATA

Accade a volte che ti aspetti un convegno come tanti dal quale pensi non potranno uscire grandi novità e ti trovi davanti una sorta rivoluzione in relazione ad alcuni fondamenti sull’origine della viticoltura in Italia e in Francia considerati acquisiti e che invece vengono totalmente ribaltati.
È accaduto a Firenze in occasione della presentazione del volume edito dall’Istituto Geografico Militare “Fra le montagne di Enotria” Forma antica del territorio e paesaggio viticolo in Alta Val d’Agri a cura di Stefano Del Lungo edito nell’ambito della più ampia ricerca su “l’Enotria, Grumentum e i vini dell’Alta Val d’Agri”.
Nella sua appassionata relazione, il curatore, Stefano Del Lungo – archeologo, ricercatore CNR ISPC e responsabile del gruppo di ricerca misto (CNR, CREA e professionisti dei settori archeologico e archivistico) che tra il 2021 e il 2022 ha elaborato i risultati dell’indagine, ha anticipato così la sostanza della pubblicazione: “Si dice sempre che «I Greci hanno portato in Italia la viticoltura» ma non ci si è mai posta la domanda su come avrebbero fatto. La ricerca dimostra esattamente il contrario e segue le tracce dei Greci e poi dei Romani nella penetrazione dei territori appenninici, alla ricerca proprio di quelle uve e di quei vini che poi portano con sé in madrepatria.

In 7 capitoli si descrive l'Alta Val d'Agri, uno dei terminali delle esplorazioni greche e poi della colonizzazione romana dell'entroterra lucano, ricostruita nel suo terroir (ambiente, uomo e varietà). E poi lancia le bombe storico-viticole che hanno lasciato tutti i presenti di stucco: “In un’indagine che risale controcorrente l’Agri, dalla foce alla sorgente, si abbatte il luogo comune di una civiltà greca che avrebbe introdotto nella penisola italica la coltura e la civiltà della vite. I primi coloni nell’VIII secolo a.C., provenienti in maggioranza dalla Grecia continentale, si stabiliscono nelle isole e sulle coste portando con sé il preconcetto di un entroterra da evitare, perché ostile, pericoloso e incolto, sintetizzato in quel periodo nei versi dell’Odissea. Ricostruendo con prove concrete e riscontri documentati la cultura e la mentalità che guidano gli stanziamenti dei coloni, è evidente la loro sorpresa di trovarsi di fronte una civiltà evoluta, l’enotra, esperta produttrice di un bene primario (il vino), prezioso quanto i ricercati metalli (soprattutto il ferro e il rame). Attraverso la genetica, le fonti classiche trovano riscontro nelle varietà di vite, recuperate di recente in anni di esplorazione di vecchi vigneti nell’entroterra appenninico, e con risultati sorprendenti.


 Il Massiccio del Pollino, tra la fertile Sibaritide e la vallata del Sinni, diventa uno degli areali di elezione del Sangiovese, originario delle terre messapiche prossime alla dorica Taranto.
La colonia di Siris (presso Policoro), di fondazione ionia, si dissocia dalla chiusura delle città greche vicine, e si espande nell’entroterra verso il Tirreno. Nelle vallate intorno se ne ritrovano i parenti stretti (fra i quali anche quello che poi prenderà il nome di Aglianico). Fra VI e V secolo a.C. grazie alla colonia ionia di Elea (Velia) nel Cilento prende la via di Marsiglia e con i Greci si diffonde nella media valle del Rodano.

A lungo vi mantiene il nome antico, Serine, prima di mutarlo nel moderno Syrah, più esotico ma fuorviante. Con la Persia infatti non ha niente a che vedere e etimologicamente mantiene in sé l’eredità del nome nelle forme sibarita e sannita (Sirica). I Romani lo trasformeranno in “Siriaco”, però nella documentata consapevolezza di una relazione diretta con le regioni campana e lucana, non con il Vicino Oriente come oggi preteso sul web e non solo”.

Claudio Zeni

Claudio Zeni, laureato in Letterature e Lingue straniere è nel mondo del giornalismo dall’età di 18 anni. Appassionato di sport, enogastronomia e turismo collabora con media locali, nazionali ed internazionali di settore. Tra i principali riconoscimenti giornalistici assegnatigli si ricorda il premio nazionale Gennaro Paone consegnatogli a Roma dal direttore generale dell’Enit, il I.o premio giornalistico nazionale ‘Strada del Vino del Recioto e di Gambellara’, il I.o premio ‘Primavera del prosecco’, 'Amici della Chianina', 'Premio Tarlati', 'Scandiano', 'Sant'Angelo in Vado, 'Apicio', 'La bisaccia del tartufaio', 'Burson'. Per quattro anni ha seguito l’Hong Kong Food Festival e per due ha coordinato la manifestazione nazionale Top of Golf finalizzata alla proclamazione del miglior ristorante della ‘Wine Tour Cup’ dell'Associazione 'Città del Vino'. Coordinatore della giuria e dei cuochi del concorso culinario ‘Tartufo d’oro’ di Gubbio’. Unitamente al Presidente dei Cuochi di Arezzo organizza il concorso 'Penne bruciate', giornalisti ai fornelli dove a vincere è il 'piatto peggiore'. Autore con Leone Cungi del libro ‘Sport e società a Monte San Savino (Un secolo di storia sportiva e tradizioni sul borgo toscano).

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