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Ventisei anni soltanto ma una preparazione da
veterano su tutta la produzione di vini in Italia e nel mondo. Un modo di
porgersi e di consigliare che viene accettato subito dal cliente. Non sono doti
comuni ma fondamentali per un maitre sommelier e direttore di sala di un
ristorante. Doti subito riconoscibili in Federico Mergoni, nato a Castiglione
delle Stiviere (Mn) 26 anni fa, diplomato all’Istituto alberghiero di Desenzano
(Bs), dal marzo 2015 sommelier e direttore di sala del ristorante stellato
Michelin “Il Saraceno” di Cavernago.
Cosa
ti ha spinto ad entrare in questo mondo?
«Questo mondo non ti compare davanti all’improvviso
e nessuno, di certo, ti costringe a farne parte; devi essere tu a desiderarlo,
cercarlo e, perciò, fare di tutto per entrarci e vivere tutte le magnifiche
opportunità che ha da offrirti. In realtà devo tutto ad una persona speciale
della mia vita, mia nonna Marisa, chef nel suo ristorante “la Casareccia”, nel
centro di Castiglione delle Stiviere, dove tutt’ora, saltuariamente ormai, vivo
con la mia famiglia. Lei mi ha permesso di respirare la magica atmosfera di un
ristorante sin da quando ero bambino e questa mi è entrata nella pelle,
incidendo a tal punto da farmi decidere che sarebbe stato il ristorante il
luogo di lavoro della mia vita».
La
tua gavetta? Le tue esperienze sino ad oggi?
«I primi passi li ho mossi proprio nella sala
ristorante di mia nonna. Ricordo che il mio esordio fu di appoggiare un cestino
di pane al centro di un tavolo; ero talmente piccolo che per riuscire
nell’impresa dovetti mettermi in punta di piedi, sotto gli sguardi compiaciuti
di tutti i clienti. Ora, con il mio metro e 92 centimetri di altezza, non ho
più di questi problemi. La mia prima vera e propria esperienza lavorativa è
stata nel ristorante “Osteria da Pietro”,
una stella Michelin a Castiglione delle Stiviere, proprieta’ della famiglia
Ferri, dove ho potuto muovere i miei primi passi a fianco del mitico Pietro, uno dei migliori sommelier d’Italia.
Qui lavoravo durante il fine settimana, dal momento che frequentavo ancora la
scuola alberghiera Caterina de Medici di Desenzano, dove ho cominciato ad amare
questo lavoro anche grazie all’insegnamento del professor Daniele Toccacieli.
Successivamente, ho prestato attività per due
stagioni consecutive nella meravigliosa Sirmione, precisamente presso i due
quattro stelle di punta del luogo, l’hotel “Olivi” e l’hotel “Eden”, entrambi
di proprietà della nota famiglia Cerini; con questo formidabile team familiare ho
potuto instaurare un ottimo rapporto di amicizia. Durante la mia permanenza a
Sirmione ho avuto, altresì, la possibilità di provare il ristorante “Signori”,
anch’esso di pertinenza della famiglia Cerini, nonché il ristorante “La
Rucola”, una stella Michelin.
In seguito, sono stato accolto nel ristorante
“Aquariva”, a Padenghe sul Garda. I fratelli Favalli, cavalieri ed ambasciatori
dello Champagne, mi hanno permesso di imparare molto riguardo a questo
splendido e sontuoso vino, del quale non ho tardato ad innamorarmi.
Il ristorante “Esplanade”, una stella Michelin, a
Desenzano del Garda, ha riempito i miei successivi quattro anni di formazione.
Capitanato dall’ intramontabile Emanuele Signorini, patron di casa, e dallo
chef Massimo Fezzardi, “Esplanade”, tra i più storici ristoranti sul Garda, mi
ha permesso di ampliare in modo esponenziale la mia conoscenza dei vini e del servizio
in sala.
Nel 2011 sono approdato a Canneto sull’Oglio al
ristorante “Dal Pescatore”, il più longevo ristorante d’Italia a poter vantare le
tre stelle Michelin. Al suo patron, Antonio Santini, devo davvero molto. È
grazie ad una persona come lui, in grado di trasmettere ogni giorno una
passione nel mestiere ed una cura nel servizio in sala inarrestabili, che ho
potuto acquisire per osmosi cosa significhino i concetti di perfezione e di
cura maniacale di ogni singolo dettaglio. Insomma, senza mezzi termini, il top.
Ho inoltre prestato per qualche tempo attività presso il ristorante “Capriccio”,
posto incantevole situato nell’entroterra gardesano di Manerba sul Garda, di
proprietà delle famiglie Tassi e Germiniasi. Infine, nel 2015, il mio percorso
si è arrestato qui, al ristorante “Il Saraceno”, chef patron Roberto Proto, a
Cavernago, un locale prima a me pressoché sconosciuto, data l’ubicazione fuori
porta in provincia di Bergamo e, pertanto, al principio, grande punto
interrogativo nella mia mente, desiderosa comunque di scoprire cosa da questa
nuova esperienza potessi trarre. Sono passati diversi mesi da quel giorno e posso dire, non senza un
certo velo di fierezza, che le incertezze di allora sono state surclassate
dalla nascita di una squadra più che vincente, la quale mi ha permesso di poter
applicare sul piano materiale tutto il bagaglio acquisito in passato, cucirmelo
addosso e contribuire al miglioramento del servizio già di per sé ottimo. Tutto
questo, ovviamente, mai da solo, ma anche per merito dei miei preziosi
collaboratori Antonio Ippolito, mio braccio destro e Mattia Manganaro, ottima
promessa per la sala. Al vertice di questo magico gruppo vi è Maria Morbi,
moglie di Roberto, la quale mi ha accolto sin da subito come un figlio,
credendo in me, ponendomi a mio agio, tanto da mettermi a capo del servizio e
permettermi di ampliare la cantina dei vini. Durante
questi anni di attività i miei colleghi mi hanno sempre descritto come un
perfezionista, credo, tuttavia, che se conoscessero lo chef Roberto Proto, si
dovrebbero tutti ricredere! A caratterizzarlo sono una cura sfrenata e quasi maniacale
per il dettaglio, quello che fa la differenza, tanto in cucina quanto in sala.
Con lui, sin dal principio, si è instaurato un ottimo rapporto di stima e
fiducia reciproca, il quale ha permesso la nascita di una solida
collaborazione, con l’obiettivo di far crescere sempre più questo ristorante,
insignito della prima e meritatissima stella Michelin. Un traguardo quasi
doveroso, raggiunto grazie ad una cucina ricercata, dalle note mediterranee
rivisitate, in grado di donare emozioni mai scontate».
Cosa
più ti piace del tuo lavoro?
«Certamente il mio compito principale è far sentire
subito il cliente a proprio agio, coccolandolo con un ottimo servizio. Mi
ritengo una persona particolarmente altruista e credo che questo mi aiuti molto
nella comprensione dei bisogni di chi ho di fronte. Adoro, poi,
l’imprevedibilità, la totale assenza di monotonia che caratterizzano questo
lavoro, mai scontato, nel quale ogni servizio si reinventa e non sarà mai
uguale a quello precedente».
Cosa,
invece, cambieresti o non vorresti nel tuo lavoro?
«Come in qualsiasi campo lavorativo ci sono aspetti
positivi ed altri negativi. L’unico, tra questi ultimi, è il poco tempo libero
che ti lascia un’attività come quella del maître sommelier. Mi piacerebbe
dedicare più spazio ai viaggi, dai quali porto sempre con me profumi, sapori,
emozioni che amo risfoderare, quando più opportuno, nella vita di tutti i
giorni».
Ostacoli
e difficoltà che un giovane come te può incontrare ogni giorno in questo campo?
«Non nascondo che gli ostacoli potrebbero essere,
sin da subito, molti. Tuttavia, mi sento di consigliare a qualsiasi giovane
come me di non arrendersi facilmente dinnanzi alle prime avversità e di
continuare con caparbietà a perseguire gli scopi prefissati. Con ciò non
intendo scoraggiare nessuno, ma, anzi, spronarlo al rischio di mettersi in
gioco, il quale decresce se ad affiancarti c’è un team fidato, in grado di
donare razionalità e naturalezza anche nel bel mezzo di situazioni
apparentemente nebbiose».
Cosa
consiglieresti a chi, come te, voglia intraprendere il tuo percorso?
«Penso che chi si voglia affiancare ad un lavoro
come il mio debba avere fin dal principio ben chiari la tipologia di
ristorazione che intenda realizzare, l’ubicazione, la struttura, gli orari, il
genere di servizio che voglia offrire, nonché tante altre sfumature le quali
possano permettere di svolgere nel migliore dei modi un mestiere, impegnativo
ed allo stesso tempo appagante come questo».
Tre
chiavi per raggiungere il successo?
«Per ora non posso dire di averlo raggiunto. Mi
limito, pertanto, a fornire quelle chiavi che da sempre porto con me e che
spero, un giorno, mi facciano raggiungere il successo: umiltà, tenacia,
perseveranza».
Cosa
vedi nei tuoi sogni per il futuro?
«Per il momento è ancora piuttosto incerto, dato che
ogni giorno è una continua scoperta. Un sogno nel cassetto, però, ce l’ho ed è
quello di aprire, un giorno, un ristorante tutto mio. Dove, quando, con chi, ovviamente
sono tasselli vuoti di un mosaico che spero possa presto avere una definizione.
Dopotutto, come diceva lo scrittore e scenografo inglese William Somerset
Maugham, “la vita ha questo di strano, che se non vuoi accettare null’altro che
il meglio, riesci spesso a procurartelo”. Posso dire di stare lavorando per questo obiettivo».
Roberto
Vitali
Laureato in Lettere alla “Cattolica” di Milano, ho cominciato durante l’università a scrivere per il quotidiano della mia città, “L’Eco di Bergamo”, al quale – pur essendo oggi in età di pensione – continuo a collaborare sia sul cartaceo che sul sito web. Sono stato addetto stampa di enti pubblici, direttore di Teleorobica, direttore-editore del mensile “Bergamo a Tavola” (1986-1990) poi trasformato in “Lombardia a Tavola” (1990-2002) e poi venduto (oggi vive ancora trasformato in "Italia a Tavola"). Mi sono sempre occupato, oltre che della cronaca bianca della mia città, di enogastronomia e viaggi. Ho collaborato alla Rai-Gr1, vinto premi giornalistici in tutta Italia e scritto qualche libretto, tra cui “La cucina bergamasca – Dizionario enciclopedico” e una Guida dei ristoranti di Bergamo città e provincia. Mi piace l’Italia e tutto quello che di buono e bello sa offrire. Spero, con i miei scritti, di continuare a farla amare da tanti altri lettori. 338.7125981