CA’ DEL BOSCO PRESENTA “CORTE DEL LUPO” UN NUOVO RACCONTO DI VINI, STORIA E VALORI

Ca’ del Bosco celebra con orgoglio un ulteriore traguardo nell’instancabile ricerca dell’eccellenza: nascono Corte del Lupo Bianco e Corte del Lupo Rosso, due nuovi vini, uno bianco e uno rosso, i cui uvaggi rimandano. alla Doc Curtefranca, ma con lo stile inconfondibile di Ca’ del Bosco: conoscenza, creatività e tecnologia per l’innovazione più efficace. Tutte le uve provengono da vigne a conduzione biologica certificata, vinificate secondo i principi del Metodo Ca’ del Bosco.


Corte del Lupo Bianco nasce con l’annata 2017. Si ottiene da 11 vigne storiche di Chardonnay e Pinot Bianco che, per esposizione, cloni e età, garantiscono il potenziale in ampiezza e integrità tipico di un vino bianco in stile Ca’ del Bosco. Un binomio perfetto: la fragranza del frutto dello Chardonnay e l’eleganza del Pinot Bianco. Solo il mosto migliore di prima frazione dà origine a questo vino, vinificato per circa 1/4 in piccole botti di rovere utilizzate l’anno prima per lo Chardonnay. La restante quota viene vinificata in tini d’acciaio. Le due frazioni, dopo 6 mesi di affinamento sui propri lieviti, senza fermentazione malolattica, si assemblano. Dopo l’imbottigliamento servono almeno altri 4 mesi affinchè il vino possa raggiungere la sua piena espressività.


Corte del Lupo Rosso nasce con l’annata 2016. Ca’ del Bosco per questo vino ha deciso di riscoprire e rivalutare il tradizionale uvaggio in rosso del territorio, tornando a privilegiare le varietà Merlot, Cabernet Franc e Carménère rispetto al Cabernet Sauvignon, giunto in Franciacorta all’inizio degli anni Ottanta, che con il tempo aveva assunto una posizione sempre più dominante. Un ritorno al passato per esaltare il carattere del frutto del Merlot, l’eleganza del Cabernet Franc e la rotondità del Carménère. La presenza del Cabernet Sauvignon assicura l’ossatura indispensabile per conferire equilibrio e longevità. Sono necessari minimo due anni di vinificazione affinchè in questo vino si possano coniugare armonia olfattiva ed equilibrio gustativo.

Entrambi i vini – che saranno in commercio dalla fine di settembre - rappresentano una pietra miliare per la filosofia di Ca’ del Bosco: nel rispetto delle più nobili tradizioni vitivinicole, amore per la natura e devozione per la terra vengono affiancate da un’incessante ricerca guidata da principi di qualità, naturalità, longevità e salubrità, ovvero dai tratti tipici di un grande vino moderno.

La parola «Corte» richiama alla mente un termine antico, medievale, con il quale veniva definita un’unità economico-agraria comprendente un fondo prevalente e più fondi dipendenti. Ca’ del Bosco, con il suo moderno chateaux, ne raccoglie lo spirito e lo reinterpreta in un intrigante connubio tra vita contadina, ricerca tecnologica e raffinata eleganza. «del Lupo» è un riferimento alla zona in cui vengono coltivate le vigne che danno origine a questi vini. La strada che porta da Erbusco a Ca’ del Bosco veniva infatti denominata «Valle del Lupo». Simbolo di forza e lealtà, il Lupo è la rappresentazione vivente dell’astuzia, della viva intelligenza nonché della fedeltà. Questi due termini sono ben raccontati dalla nuova etichetta che racchiude l’essenza del terroir e legittima la qualità viticola di Ca’ del Bosco: la vigna, la Corte, l’abbraccio del bosco e i lupi, guardiani fedeli del dominio.


Ca’ del Bosco, viticoltore pioniere fin dai primi anni ’70, è oggi tra le aziende leader nella produzione di Franciacorta. Una posizione raggiunta grazie all’entusiasmo, alla passione, alla ricerca, alla fatica e al lavoro che hanno permesso di trasformare una casa in un bosco di castagni in una delle più moderne e avanzate cantine.

Nella foto, Corte del Lupo Bianco 2017.

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Roberto Vitali

Laureato in Lettere alla “Cattolica” di Milano, ho cominciato durante l’università a scrivere per il quotidiano della mia città, “L’Eco di Bergamo”, al quale – pur essendo oggi in età di pensione – continuo a collaborare sia sul cartaceo che sul sito web. Sono stato addetto stampa di enti pubblici, direttore di Teleorobica, direttore-editore del mensile “Bergamo a Tavola” (1986-1990) poi trasformato in “Lombardia a Tavola” (1990-2002) e poi venduto (oggi vive ancora trasformato in "Italia a Tavola"). Mi sono sempre occupato, oltre che della cronaca bianca della mia città, di enogastronomia e viaggi. Ho collaborato alla Rai-Gr1, vinto premi giornalistici in tutta Italia e scritto qualche libretto, tra cui “La cucina bergamasca – Dizionario enciclopedico” e una Guida dei ristoranti di Bergamo città e provincia. Mi piace l’Italia e tutto quello che di buono e bello sa offrire. Spero, con i miei scritti, di continuare a farla amare da tanti altri lettori. 338.7125981

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