Goloso e Curioso
LA CUCINA TREVIGIANA, TRADIZIONE E FUTURO

LA CUCINA TREVIGIANA, TRADIZIONE E FUTURO

Trevisani pan e tripe? Ma quando mai. Un secolo fa, forse. Adesso che hanno messo il Prosecco sul più alto podio mondiale dei vini, che hanno invaso il pianeta col Tiramisù e che hanno spedito il radicchio nello spazio, chi li tiene più? C’è davvero il forte rischio, come sottolinea qualche critico gastronomico, che si considerino arrivati e stiano con il palato campato in aria dimenticandosi persino di Giuseppe Maffioli che 56 anni fa, nel 1959, diede vita al primo Festival Italiano di Gastronomia? Fu lui, il grande Bepo, a riorganizzare insieme a Dino De Poli l’orgoglioso esercito dei ristoratori trevigiani e a proiettare la cucina trevigiana sui palcoscenici italiano e mondiale dei sapori. C’è davvero il pericolo di cancellare dai menu la zuppa di trippe alla trevisana, la sopa coada e il riso con le luganeghe che piaceva tanto a Paolo Monelli? E magari anche la pasta e fagioli di cui andava matto Mario Soldati e gli sciosi (chiocciole) in umido con la polenta? Dovremo  dire addio alla “Marca creatrice di delizie gastronomiche, tutte basate su piatti ricchi, ricercati e molto accurati nella preparazione”, che così lodava Ranieri Da Mosto, giornalista, scrittore, patrizio di San Marco con tanto sangue blu e opulenta gastronomia alle spalle? Insomma, esiste ancora la cucina del territorio e, se sì, dove va?
Lo abbiamo chiesto a tre cuochi trevigiani famosi: Nino Baggio, purosangue con radici ben piantate nei colli asolani dove cucina nella locanda di Pagnano che porta il suo nome; Donato Episcopo, mediterraneo chef del ristorante La Corte Gourmet di Follina; Nicola Dinato, rivoluzionario chef del ristorante Feva di Castelfranco Veneto. Un difensore, un centrocampista e un fantasista d’attacco.
Baggio, 60 anni, è il sapiente servitore ai fornelli di una cucina tipica rivista in chiave moderna, ma fortemente ancorata alla tradizione. Grande passione per i prodotti del territorio- vacca burlina, formaggi del Grappa, riso delle Abbadesse, oca del Mondragon- propone i sapori della memoria adeguati ai palati attuali. “Sono territoriale e stagionale. Uno slowfoodiano”, confessa come se mostrasse timidamente la tessera di un partito. “I sapori sono quelli di un tempo riproposti con le tecniche d’oggidì: cotture diverse, a bassa temperatura sotto vuoto e via dicendo. Non cerco azzardi. La mia clientela vuole la tradizione interpretata con i sistemi attuali. I piatti più ricercati? La Faraona con la Peverada, salsa con i fegatini di pollo che cuocio a bassa temperatura e sotto vuoto. Poi la Sopa Coada, anch’essa preparata con cottura diversa. E così il Fegato alla Veneziana. Propongo anche il Pollo in umido con la Coradea, piatto della domenica per eccellenza. Sono i gusti che conosce la gente. Io cerco di dare suggestioni del territorio, antiche emozioni della Marca. Purtroppo i giovani d’oggi non hanno memoria e cercano più la cucina del futuro. Tanto che qualche piatto ho dovuto toglierlo dal menu, come la Fongadina in Tocio, antico piatto fatto con le frattaglie”.
Più che una cantina quella della Locanda Baggio è una miniera di grandi bottiglie. “Ho una carta con 800 etichette di tutto il mondo. Che vini consiglio? Dipende dal piatto. La Guancetta di Vitello che cuocio con un bel vino rosso robusto pretende lo stesso vino anche a tavola. A me piacciono molto i rossi dell’azienda Serafini&Vidotto di Nervesa, il Rosso dell’Abazia, il Pinot Nero e il Phigaia. Ma con i miei piatti consiglio anche il Prosecco dei Colli Asolani, il Valdobbiadene e tante altre etichette del territorio”.
Ci spostiamo a Follina dove ai fornelli del ristorante stellato La Corte Gourmet dello splendido Relais e Chateau Villa Abbazia, troviamo Donato Episcopo, leccese, 42 anni, sei dei quali anni passati al fianco di Heinz Beck e altri a lanciare il Marennà dei Feudi di San Gregorio. Che c’azzecca un cuoco pugliese con la cucina trevigiana? “Credo che tra il Veneto e la Puglia ci sia molto in comune. Prima di tutto il mare, l’Adriatico. Poi la volontà di valorizzare i prodotti del territorio. E’ il mio ringraziamento alla terra che mi ospita. E, ancora, i valori della tradizione. E’ vero che i tempi sono cambiati, ma è bello riavvolgere il nastro ritrovando le sensazioni e le emozioni di un tempo cercando di riprodurle rispettando i canoni della tradizione veneta. Un piatto classico, va lasciato classico. Un esempio?  La Sarda in Saor 2.0 dove il 2.0 indica il secolo attuale. E’ il mio benvenuto agli ospiti. Subito rimangono titubanti, ma poi apprezzano tantissimo. Altre ricette trevigiane 2.0? La Salsa Peverada, i piatti col radicchio, con l’asparago di Cima d’Olmo, i risi e bisi. Entro in punta di piedi nelle ricette. Prima vado a mangiare il piatto negli altri ristoranti poi li reinterpreto a modo mio. Ne risulta una cucina snellita, che punta sulla scenografia piacevole del piatto, che valorizza terra e tipico. Con rispetto. Nascono così il Cremoso di Sciopet, il Piccione in versione estiva e invernale, con fois gras e mela, con spinaci e crema di sedano rapa. Magari ogni tanto mi scappa la mano, ma cerco di stare il più possibile nel territorio”.
E, a proposito di territorio e stagionalità, il ristorante La Corte ha fissato due appuntamenti per festeggiare l'arrivo dell'estate: venerdì 5 giugno alle 20 "Serata pesce azzurro" con aperitivo e cena in giardino (75 euro tutto compreso), e lunedì 22 giugno alle 20,30 per il "Gourmet Festival", fantastica cena a quattro mani e tre stelle, quella di Episcopo e le due di Giovanni d'Amato, cuoco e patron del Caffè Arti e Mestieri (120 euro tutto compreso, prenotazioni: info@lacortefollina.com tel. 0438.971761).
Giovanni Zanon, patron del ristorante con la sorella Rosi, dice che Episcopo è un cuoco a 360 gradi, che ha travolto le usanze de La Corte. E’ vero? “Sì. Ogni mattina ci divertiamo al mercato. Comperiamo chili di frutta e verdura. La freschezza- anche col pesce- innanzitutto. Viviamo in un territorio sano, incontaminato Mi piace vedere, conoscere. Imparare dai clienti le ricette di casa loro. E’ un territorio che mi responsabilizza, posso dire di averlo conosciuto attraverso la sua cucina e la stagionalità dei suoi prodotti che mi semplifica vita e mi dà soddisfazioni. Il mio rapporto con i vini trevigiani? Essendo un bevitore rilassato, ottimo. Sarei di natura un rossista, ma mi sto avvicinando alla bollicina a lunghi passi. Per gli abbinamenti la mia cucina ha la fortuna di avere a disposizione Giovanni. Zanon non sbaglia un colpo”.
Per incontrare l’uomo che mette in pentola il futuro bisogna andare a Castelfranco Veneto, al micheliniano Feva. E non poteva essere diversamente visto che Nicola Dinato, 33 anni, fresco papà di Chloè (nome preso dalla mitologia greca) ha lavorato con Ferran Adrià e Alain Ducasse. Ha un motto: “La creatività non ha limiti”. Dopo di che tira saggiamente il freno: “Si deve fare attenzione fino a dove ci si può spingere e, prima di tutto, conoscere bene cliente. È lui che mi indica la via. Lui che mi dice fin dove posso spingermi. Adesso che ho ottenuto la stella vengo capito di più, i clienti si sono abituati e non hanno più remore. Il cammino è ancora molto lungo, ma ci stiamo attrezzando perchè l’evoluzione non abbia fine. Il pranzo o la cena devono costituire per il cliente un’esperienza. Finito l’uno o l’altra deve tornare a casa con qualcosa di più e con una gran voglia di tornare. Tutto è importante per regalargli emozioni: l’architettura, la sala, il tavolo, il vino”.
E i sassi. Dinato li adora a tal punto che li usa come porta posate, come piatto, come tutto se potesse. E’ lui stesso che li lavora, li scolpisce, li taglia, li lustra. Ha imparato in Giappone l’arte dei sassi. “La materia non deve fernarsi alla porcellana e alla ceramica. Anche in questo cerco di regalare esperienze, ricordi. Ma a formare i capisaldi della mia cucine, le colonne portanti, rimane sempre questo mio territorio. Il futuro è bello se ha alle spalle la tradizione. E la stagionalità. In aprile mi diverto a preparare piatti con le rane, i garusoli (lumache di mare), i sfogi (sogliole), le pevarasse (vongole). Amo molto anche i piatti must della cucina locale: asparagi con uova, sarde in saor, polenta e osei, polentà e baccalà...”.
Non ci crediamo che serve sarde in saòr o polenta e baccalà “normali”. “No, infatti. Qui arrivano molti turisti. Devono trovare i sapori del territorio, ma con una filosofia avanzata. Le sarde le servo con gli abituali pinoli e cipolla ma su una foglia di radicchio in tempura sulla quale verso olio bollente aromatico. Tipo cicchetto veneziano. E la polenta e baccalà li trasformo in gnocchi. Come abbiniamo il vino ai piatti. Il ristorante conta su un bravo sommelier che punta la sua ricerca su cantine di pochi ettari e su vigneti autoctoni. E poi c’è il Prosecco che la fa da padrone. Per il momento abbiamo 300 etichette. Ci vorrà un po’ di tempo e grandi investimenti, ma contiamo di moltiplicare le etichette”.
E’ d’accordo con chi afferma che l’innovazione di adesso è la classicità di domani? “Sì. E’ la curiosità che spinge l’uomo sempre avanti. In tutti i campi. E a me la curiosità non manca”.

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Morello Pecchioli
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Morello Pecchioli

Morello Pecchioli

Direttore di Golosoecurioso. Giornalista professionista. Archeogastronomo. È stato caposervizio del giornale L’Arena di Verona. Ha scritto i libri “Il Bianco di Custoza”; “Il rosto e l’alesso, la cucina veronese tra l’occupazione francese e quella austriaca”; “Berto Barbarani il poeta di Verona”. Scrive per la rivista nazionale dell'Associazione italiana sommelier "Vitae", per "Il sommelier veneto" e per il quotidiano nazionale La Verità diretto da Maurizio Belpietro. Ha collaborato, con Edoardo Raspelli, alla Guida l’Espresso. È ispettore della guida "Best gourmet dell'Alpe Adria". Ha vinto i premi Cilento 2006; Giornalista del Durello 2007; Garda Hills 2008. Nel 2016 ha avuto il prestigioso riconoscimento internazionale Premio Ischia per la narrazione enogastronomica. Nel 2016 ha scritto il libro "Le verdure dimenticate" e nel 2017 "I frutti dimenticati", pubblicati entrambi da Gribaudo. Sempre per Gribaudo ha scritto "Il grande libro delle frittate". In collaborazione con Slow Food ha pubblicato nel 2018 il volumetto sul presidio "Il broccoletto di Custoza".
Indirizzo mail: morello.pecchioli@golosoecurioso.it

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