Goloso e Curioso
IL PADANO COMPIE 61 ANNI

IL PADANO COMPIE 61 ANNI

E’ nato nello stesso anno della televisione italiana, il 1954. Solo che il Grana Padano, invecchiando, continua a migliorare, la televisione peggiora. Fu un anno di grandi eventi, il 1954: Compagnoni e Lacedelli conquistarono il K2, Trieste tornò italiana; e mentre Gino Latilla strappava lacrime a Sanremo con “Tutte le mamme”, Vittorio De Sica lanciava Sofia Loren ne “L’oro di Napoli”. Grande cinema in quell’anno: Luchino Visconti girò “Senso”, Fellini “La strada”. L’evoluzione dei costumi era alla vigilia della rivoluzione. E’ vero che imperava ancora Donna Letizia con i consigli di bon ton impartiti dalle sue rubriche alle famiglie piccolo borghesi, ma dall’America arrivavano le note del  primo rock ad agitare gambe e gonne: “One, two, three o'clock, four o'clock rock». Era scoccata l’ora di «Rock around the clock».
E’ passato mezzo secolo da allora, ma tutte le cose belle e buone sono rimaste (la televisione sta cercando di uscire dal tunnel del cattivo gusto): il rock, Sofia Loren, le mamme e il Grana Padano. La cui storia, a dir la verità, è, sì, codificata da 50 anni, ma affonda le radici nel Medioevo quando nelle campagne intorno al Po, poco dopo l’anno Mille, passate le paure del Giudizio Universale, ci si fa su le maniche per ripartire. Tempi di grande fame, quelli. Tempi di magri pascoli e scarsi allevamenti bovini: non si doveva sprecare nulla. I monaci che in quell’epoca guidavano le coscienze, gli intelletti e i lavori di bonifica nella immensa pianura intorno al Po, si posero il problema di come conservare il latte che non veniva bevuto in giornata. L’unico modo era trasformare quell’imperdibile oro bianco in formaggio. Non fresco, ovviamente, non deteriorabile.
Nacque così un formaggio a pasta dura, che faceva del tempo la sua forza, attraverso la stagionatura. Vera o approssimativa che sia, la storia ci consegna una data e un luogo di nascita del formaggio grana nella pianura padana: il 1135, nell’abbazia di Chiaravalle. Una cosa è certa: il formaggio nasce all’ombra dei chiostri, benedetto dai Benedettini. E i primi casari furono quasi certamente monaci che chiamarono il grana caseus vetus, formaggio vecchio. Ma il popolo, che poco sapeva di latinorum, lo ribattezza, per via della pasta grossa, anulosa, formaggio di grana. O, soltanto, grana.
Apprezzato nelle bicocche, dove se ne vede poco, e nelle corti dove trionfa lo stravecchio, il grana calma piacevolmente la fame e si fa una fama. Celebri erano il lodigiano, il milanese, il piacentino e il mantovano. Nelle campagne in riva al Mincio, cresceva il “grasso trifoglio alto fino al zenochio” . Ma per vedere sorgere i primi caseifici occorre aspettare il terzo decennio del XIX secolo, mentre con l’unità d’Italia migliora la zootecnia da latte.
La svolta nella produzione dei formaggi arriva un secolo dopo, nel 1951 a Stresa dove tecnici e operatori caseari europei siglano una “Convenzione”, nella quale fissano norme precise in tema di denominazione dei formaggi e indicazioni sulle loro caratteristiche. In quella occasione vengono distinti il formaggio “di Grana Lodigiano”, divenuto poi il  “Grana Padano”, e il “Parmigiano-Reggiano”. E il 10 aprile 1954, finalmente l’Italia stabilisce alcune norme sulla tutela delle Denominazioni di origine e tipiche dei formaggi, tra cui Grana Padano. Due mesi dopo, il 18 giugno 1954, su iniziativa di Federlatte (Federazione latterie cooperative) e di Assolatte (Associazione industrie lattiero-casearie), nasce il Consorzio per la tutela del Formaggio Grana Padano, che riunisce produttori, stagionatori e commercianti del formaggio e assume l’incarico di vigilare sulla produzione e sul commercio del formaggio.
E siamo ai nostri giorni. Il Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano riunisce oggi 132 caseifici produttori, 156 stagionatori, 132 porzionatori e 31 grattugiatori  di 32 province dal Piemonte al Veneto, dalla provincia di Trento a quella di Piacenza. Ha sede a San Martino della Battaglia, in provincia di Brescia, nel cuore della zona di produzione. Grana Padano non è più soltanto un formaggio buono. E’ un alimento sano, moderno, assai digeribile. Grana Padano ha caratteristiche nutrizionali uniche:  un alimento ottimo per i bambini, fin dai primi mesi di vita, ed un prezioso componente della dieta della mamma in attesa; ma è altrettanto indicato per gli anziani, risponde perfettamente alle esigenze di un’equilibrata dieta quotidiana. Basti pensare che il contenuto medio di colesterolo di 50 grammi di Grana Padano è di appena 70 milligrammi. Grana Padano è un simbolo dell’industria alimentare italiana. Non per niente si cerca di copiarlo in tutto il mondo.
Grana Padano a tavola è protagonista a 360 gradi, sostiene qualsiasi parte gastronomica gli si affidi. Splendido nel monologo: essere o non essere? Con la mostarda o il miele, con i fichi o le pere, lui è. Ma è altrettanto meraviglioso in compagnia di qualsiasi piatto: dialoga con la pasta, asseconda i risotti, trionfa sui minestroni. E in tutte le sue età esalta i vini: poco stagionato si sposa con bianchi freschi, rosati o rossi giovani, fruttati: Soave, Verdicchio, Custoza, Castelli, Valpolicella. Più maturo vuole rossi strutturati, rotondi, di sapore pieno, vini ambiziosi speziati, affinati in barrique, che sanno di prugna e di confettura: Brunello e Barolo, Amarone e Chianti. Ogni simile ama il suo simile. E quando è vecchio, piccante (mai piccoso), aggressivo? Mettetelo accanto a un vino liquoroso di quelli giusti, Moscato, Passito, o il Marsala Soleras e sentirete che armonia. Siamo al Trionfo dell’Aida, al Vincerò della Turandot. Si scioglierà in bocca, gentile e disponibile come un innamorato a San Valentino.

Generoso di natura, non lascia nessuno con l’amaro in bocca. Si trova a suo agio in trattoria o nelle cucine super stellate. Fatto a scaglie, a bocconcini o grattugiato, lui sta bene con qualsiasi ricetta e gli ingredienti di prima qualità più vari: di mare e di terra, di stalla e di corte, di piuma e di pelo, di campo e di orto. Sapido, ghiotto, dotato di buon gusto, non tradisce mai il palato. Quando  ne mettono una mezza forma su un tavolo di un aperitivo o di un buffet, con un coltello infilato nelle sode carni bianche, c’è l’assalto a Forte Alamo: scaglia dopo scaglia, togli tu che levo io, dopo poco resta solo l’involucro, la crosta, che servirà da contenitore per uno splendido risotto all’isolana o ai funghi del Montello o alle punte di asparagi di Bassano.
Grana Padano ha uno dei suoi punti di forza nella stagionatura, nove mesi per il “fresco”, 24 per quello più vecchio. Il tempo dà alla caratteristica pasta un sapore diverso: dolce nel formaggio più giovane, via via più marcato in quello più stagionato. Tutte le forme passano all’occhiuta visita di leva del Consorzio? No, solo le migliori. Solo quelle che superano tutte le prove ricevono il marchio a fuoco, che garantisce la qualità “sana, leale e mercantile” del Grana Padano. Una medaglia al valore.

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Morello Pecchioli
Il padano compie 61 anni

Morello Pecchioli

Morello Pecchioli

Direttore di Golosoecurioso. Giornalista professionista. Archeogastronomo. È stato caposervizio del giornale L’Arena di Verona. Ha scritto i libri “Il Bianco di Custoza”; “Il rosto e l’alesso, la cucina veronese tra l’occupazione francese e quella austriaca”; “Berto Barbarani il poeta di Verona”. Scrive per la rivista nazionale dell'Associazione italiana sommelier "Vitae", per "Il sommelier veneto" e per il quotidiano nazionale La Verità diretto da Maurizio Belpietro. Ha collaborato, con Edoardo Raspelli, alla Guida l’Espresso. È ispettore della guida "Best gourmet dell'Alpe Adria". Ha vinto i premi Cilento 2006; Giornalista del Durello 2007; Garda Hills 2008. Nel 2016 ha avuto il prestigioso riconoscimento internazionale Premio Ischia per la narrazione enogastronomica. Nel 2016 ha scritto il libro "Le verdure dimenticate" e nel 2017 "I frutti dimenticati", pubblicati entrambi da Gribaudo. Sempre per Gribaudo ha scritto "Il grande libro delle frittate". In collaborazione con Slow Food ha pubblicato nel 2018 il volumetto sul presidio "Il broccoletto di Custoza".
Indirizzo mail: morello.pecchioli@golosoecurioso.it

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