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A New York l’interesse per il passato è molto vivo, come testimoniano i numerosi musei sparsi per Manhattan. Basta consultare una qualsiasi guida turistica e, per gli appassionati, non c’è che l’imbarazzo della scelta.
I motivi di interesse storico ed artistico, però, non si trovano solo nelle sale delle pinacoteche, nelle quali, quasi in religioso silenzio, gli americani ed i turisti si muovono a passo felpato. Tracce di storia, ancorché recente, si possono scoprire anche per strada, osservando casualmente la facciata di un palazzo. Sono i segni esteriori lasciati dalla Guerra Fredda, fortunatamente mai combattuta, ma che per decenni ha tenuto sotto l’incubo dell’olocausto nucleare non solo gli americani, ma il mondo intero.
Gli Stati Uniti negli anni ’50 e ’60 erano seriamente preoccupati dalla potenza militare, sia convenzionale sia nucleare dell’URSS. In caso di attacco sovietico, avevano adottato prima la strategia della risposta massiccia, poi di quella, flessibile. In altre parole, in caso di attacco del Patto di Varsavia, le prima risposta da parte americana sarebbe stata un lancio di ordigni nucleari. Una scelta che avrebbe rischiato però di portare a quella che gli esperti definirono “MAD”, letteralmente “matto”, ma che, come acronimo, ha il significato di “Mutual Assured Destruction”, cioè la distruzione sicura di entrambi i contendenti. Una condizione molto ben rappresentata nella finzione cinematografica da diversi registi, come ad esempio il film del 1964 “A prova di errore”, di Sidney Lumet , interpretato tra gli altri da Henry Fonda, o, sempre del 1964, “Il dottor Stranamore”, ovvero “come imparai a non preoccuparmi e ad amare la bomba” di Stanley Kubrick, tratto da un romanzo del 1958 di Peter George. Lo spettro di un attacco nucleare fece sì che fossero studiate delle contromisure per garantire in qualche modo la sopravvivenza della popolazione. Ma cosa avrebbero potuto fare i cittadini di una grande metropoli per difendersi, non tanto dell’esplosione di un ordigno, comunque fatale, ma dalla ricaduta del fallout radioattivo che da essa derivava? L’unica difesa era quella di rifugiarsi sottoterra, nei profondi scantinati dei palazzoni di Mahattan. Ed ecco allora comparire a fianco di piccoli ingressi, quasi insignificanti, un cartello simboleggiante le radiazioni con la scritta “Fallout Shelter”, rifugio da ricaduta radioattiva.
Le ricerche avevano infatti evidenziato come strati diversi di terra e cemento fossero in grado di assorbire le radiazioni permettendo all’organismo umano di non essere contaminato. Sono i cartelli, ancor oggi visibili appesi alle facciate dei palazzi a ricordarci un periodo storico recente nel quale, non dimentichiamolo, si è rischiato di rendere accettabile uno scambio nucleare tra le Superpotenze. La ragione, o forse l’economia mondiale, oggi nuovo teatro di scontro e di guerra, hanno evitato che si concretizzasse. Restano solo i segni di un pericolo che sembra scampato.
Flavio Mucia
Salvatore Flavio MUCIA, Colonnello (r.) dell’Aeronautica Militare, è
nato a Verona il 10 giugno 1952 e, conseguito il diploma di Maturità
Scientifica, è entrato in Accademia Aeronautica nel 1973, con il corso
Orione 3°. Terminati gli studi accademici e conseguito il brevetto di
pilota d’aeroplano è stato nominato Sottotenente Pilota nel 1976.
Nel
corso della sua carriera militare il Col. MUCIA ha, inter alia,
ricoperto i seguenti incarichi: controllore della Difesa Aerea,
controllore sistema missilistico Nike, controllore missilistico e
comandante batteria missilistica “Spada”, Capo Ufficio Comando della
Divisione Caccia Bombardieri e Ricognitori di Milano e membro del Gruppo
Rotazionale di Valutazione Operativa della Divisione “Drago” di Milano.
E’ stato, inoltre, responsabile delle Pubbliche Relazioni e Stampa
presso il Comando della Prima Regione Aerea di Milano, Vice Direttore
del Coalition Public Information Centre di SFOR a Sarajevo, Addetto alla
Sezione stampa dell’Ufficio Pubblica Informazione dello Stato Maggiore
Difesa, Capo Sezione Attività promozionali dello Stato Maggiore
Aeronautica.
E’ insignito della Croce di Cavaliere della Repubblica,
Medaglia Mauriziana al Merito, della Croce d’Anzianità di servizio
Militare (25 anni), della Croce d’Argento per le Missioni di Pace, della
Medaglia Nato per le operazioni nell’ex-Yugoslavia, della Medaglia NATO
per le operazioni in Kosovo.
Sotto il profilo della formazione,
oltre ad aver conseguito una laurea in Scienze Aeronautiche ed una in
Scienze Politiche, ha frequentato vari corsi in Italia e all’estero tra i
quali: il 63° Corso di Controllore della Difesa Aerea, il 243° Corso
navigatore-operatore di sistema presso il 6° FTS della RAF di
Finningley, il 46° Corso di qualificazione F-4-missili Nike Hercules, il
24° Corso d’Aggiornamento presso la Scuola di Guerra Aerea, il Corso
d’inglese aeronautico presso il Colchester English Study Centre, in Gran
Bretagna, il 10° Corso di giornalismo presso l’Istituto per la
Formazione al Giornalismo di Milano, il 1° Partnership for Peace
Communication Course in Svizzera.
Dall’aprile 2007 il Col Mucia è docente di Navigazione Aerea presso l’Istituto Tecnico Aeronautico “Lindbergh” di Milano.